giovedì 21 aprile 2016

Cristiano Bastos, giornalista musicale, scrittore, critico, cineasta, gaucho e appassionato


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Cristiano Bastos risponde da Brasilia, capitale federale, alle nostre domande e cura per noi una playlist parecchio underground.

Sei originario di Porto Alegre, nel Sud, dove sei cresciuto. Qual è stata la tua formazione musicale?
La mia formazione è stata sempre legata al giornalismo musicale: sono da sempre appassionato dei reportage e, in questo campo, ho da sempre la curiosità di indagare la “storicità perduta” della musica brasiliana, in particolare, assai ricca di innumerevoli depositi, dischi rari, e una grande quantità di artisti ancora molto “sotterranei”. A Porto Alegre ho scritto un libro “Gauleses irredutiveis”, una ricerca giornalistica realizzata con 167 fra musicisti, giornalisti, produttori e promotori del rock di Rio Grande do Sul. Pubblicato nel 2001, è ancora oggi l’unico testo a mettere a fuoco 40 anni di storia di musica di Rio Grande do Sul, con più di 1000 interventi esclusivi e 84 immagini rivelatrici. Gauleses è arrivato curiosamente a ispirare un libro del collettivo italiano Wu Ming, “New Thing” . Fra le interviste di artisti e musicisti che costruirono la scena rock di Rio Grande do Sul, c’è Flavio Basso, meglio conosciuto come Jupiter Maçà, o Apple.
Di Jupiter Maçà abbiamo ascoltato in apetura una rarità, “Aquarians da Rua 20”, brano che rimase fuori dall’album “Setima Efervescencia”, un disco che ha rivoluzionato la musica psichedelica del Brasile, e che ancora oggi, 20 anni dopo la sua uscita, esercita una grande influenza. A seguire, ascoltiamo “Lagrima”  da “Aline”, lavoro del gaucho Cristiano Varisco, appena uscito con la produzione di Thomas Dreher, lo stesso produttore di “Setima Efervescencia”. Con l’accompagnamento del gruppo vocale di “Musica Cosmica Sul-Americana”, accordi dissonanti e solo di chitarra alla fine del brano, è parte di uno dei migliori dischi del 2013.

“Aquarianas da Rua 20” (Júpiter) / “Lágrima” (Cristiano Varisco)

Che succede oggi là nel Sud?
Il Sud è sempre stato molto attivo in campo musicale, sia per la cosiddetta musica “nativista”, la musica tradizionale dello Stato, che per il rock, che è innegabilmente la musica per eccellenza del giovane gaucho. E’ stato così dagli anni 50, quando i gauchos ricevevano dall’Argentina, che deteneva l’industria discografica più avanzata del cono Sul, le novità degli anni 50 e 60: ossia, eravamo i primi a ascoltare le cose nuove, i Beatles, i Kinks, eccetera. Fra tutti gli stati brasiliani, il Rio Grande do Sul è probabilmente il più rockettaro, la produzione non si ferma mai, dagli anni 80. Lì si dice che se si colpisce un albero, cadono 15 gruppi. Oggi, io indicherei i Medialunas, il chitarrista Erik (ha soli 16 anni ed è il figlio di Fred Endrres della formazione Comunidade Nin-Jitsu), i Quarto Sensorial, gli Urso, i Marmota Jazz, e chiaramante Gustavo Telles (ex Pata de Elefante, formazione di rock strumentale), che ha appena pubblicato il suo secondo album solista, “Eu perdi o medo de errar”.
In questo gruppo di musicisti spicca Marcelo Birck, uno dei fondatori dei Graforréia Xilarmonica, di cui ascoltiamo “Eletrolas”, composta, a suo dire, partendo da un asse centrale basato su un tema surf. Altro brano che ascolteremo è “Caçador de Lontra” degli Irmaos Panarotto, con la partecipazione, ancora, di Marcelo Birck. In verità, i fratelli Panarotto sono di Chapecò, città dello stato di Santa Catarina.
“Eletrolas (Marcelo Birck) / “Caçador de Lontra (Irmãos Panarotto)

Da anni vivi a Brasilia, luogo abbastanza strano e straniero. Come si vive di musica nella capitale federale’ Quanto è lontana la Brasilia che cantavano i Plebe Rude negli anni 80?
La Brasilia degli anni 90 mi sembrava molto più ricca e interessante che la Brasilia incensata degli anni 80, o quella di oggi. Ne è testimonianza il film “Generazione Baré-Cola” che mostra come, nella decade dei 90, c’erano più di 400 gruppi in attività, un mare di formazioni creative, divertite e importanti, come i Raimundos. Il film uscirà a gennaio 2014 e certamente darà luce su un periodo molto più luminoso musicalmente, gli anni 90, che la scura e ombrosa Brasilia degli anni 80, che diede alla città il nome di capitale del rock. Oggi ci sono molti buoni gruppi, io menzionerei i Rios Voadores, il compositore Eron Falbo, Joe Silhueta, fra gli altri. Ora ascoltiamo però due novità: i Suite Super Luxo, un gruppo poco conosciuto in città, ma che propone un suono molto differente dalla maggior parte delle bande in attività: rock di chitarre. Il nome del brano è “Nada que nao vire som”  da “Entre a piscina e o trampolim”, appena uscito.
L’altra musica è l’“hard-roça” (campo pesante, NdT) dei Judas, formazione capeggiata dal paroliere Adalberto Rabelo. Nome del pezzo è “Cobra Criada” , appena uscita dal forno e che debutta, di prima mano, qui su Lusofonie. Con una radice ritmica tipica del Nord del Paese, il carimbò, mette in evidenza due caratteristiche della banda: la poesia densa, che contrasta con le matrici ritmiche brasiliane.
“Nada que Não Vire Som” (Suite Super Luxo) / “Cobra Criada” (Judas)

Tu sei coinvolto anche in un’esperienza molto singolare, quella dei Satanique Samba Trio: chi sono, e che significano per la città e per il Brasile?
 Secondo la loro stessa definizione, sono “punta di lancia nel movimento di contestazione della Musica Popular Brasileira. Potrebbe suonare pretenzioso, ma secondo me, si tratta della banda più iconoclasta di Brasilia, e non fanno rock. Potrebbero essere definiti una formazione zappiana che suona samba.

“Nas paredes da pedra encantada”è il titolo del film che hai realizzato con Leonardo bonfim su uno dei dischi più importanti della storia musicale del Brasile, il mitico “Paebiru” di Lula Cortes e Zé Ramalho, del 1975. Perché hai scelto di farlo?
 Ci sono diversi motivi per parlare di Paebiru: è il disco più caro del Brasile, la sua ultima quotazione sta fra i 4 e i 5mila dollari, il doppio di “Louco por voce”, il primo di Roberto Carlos. Più conosciuto e apprezzato all’estero che in Brasile, più che una rarità, Paebiru è fondatore di una psichedelica genuinamente brasiliana, con elementi di cultura indigena. E ancora: anticipa di 20 anni il manguebit. La sua storia ha tutta una mistica: delle uniche 1300 copie della tiratura originale, 1000 andarono perse in un allagamento a Recife. Non ho mai visto una storia tanto fantastica come quella che circonda questo album. Ci sono entrato in contatto facendo un reportage per rolling Stone. Il documentario, Nas paredes da pedra encantada, è stato proiettato in varie città brasiliane e uscirà in dvd all’inizio del 2014 per l’etichetta Monstro Discos, sottotitolato e con contenuti speciali addizionali.

Come sono state le riprese del film, e qual è la scena psichedelica nel Nordeste oggi?
 E’ stato difficile, soprattutto perché lo ho finanziato interamente di tasca mia. Ho venduto tutto quello che avevo per farlo, ma non c’è niente che eguagli il piacere di vedere realizzate alcune cose, soprattutto un film indipendente. Il trailer del film è visibile sul web. La scena psichedelica pernambucana oggi continua forte e sicura. Jean Nicholas, DMingus, Juvenil Silva, Graxa e compagnia oggi guadagnano più visibilità in festival, blog e riviste culturali che prima, quando erano completamente ignorati. C’è stata anche una maturazione dei lavori, oggi meno legati all’estetica “udigrudi” degli anni 70. L’influenza permane, ma non come reverenza setrile e in maniera destrutturata insieme a sonorità diverse. Si può dire che è una scena con un volto proprio, che definire “psichedelica” sarebbe limitante, poiché la psichedelica è solo uno dei molti ingredienti della pozione.

Oltre alla tua attività di giornalista per Rolling Stone, hai altri progetti, blog, passioni…ce ne parli un po’?
Sto lasciando Brasilia per tornare a Porto Alegre, all’inizio del 2014, per iniziare la biografia – autorizzata – di un grande mito della musica di Porto Alegre, Julio Reny. Sarà una biografia sullo stile di Life di Keith Richards. O meglio, sarò una specie di “medium” di Reny, che mi racconterà  la sua vita: pionierismo, avventure e disavventure nel rock di rio Grande do Sul, ma, diciamo, contemporaneo. Con il disco “Ultimo Verao”, registrato nel 1983, su cassetta, Julio ha inaugurato l’underground di Porto Alegre. Sembra un po’ un cliché, ma potrei dire che lui è una specie di Lou Reed portoalegrense. Dopo questo primo disco, di sapore folk dylanesco, Julio Reny ha attraversato varie fasi: reggae, new wave, postpunk, fino al country, con il gruppo Cowboys Espirituais, negli anni 90, la cui hit “Jovem Cowboy” è riuscita a coniugare egregiamente l’hip-hop con il country. Di Julio Reny ascolteremo “Amor e Morte”, che sarà il titolo della biografia, una canzone che è un vero inno, ancora oggi, a Porto Alegre, e poi Maomè, del suo periodo post-punk, incisa nel 1986.
“Amor & Morte (Júlio Reny) / “Maomé” (Júlio Reny) / “Jovem Cowboy” (Cowboys Espirituais)

Ci parlavi anche di un altro artista gaucho, Zé do Belo…
Il nuovo e “in lavorazione” album del cantante e compositore gaucho Zè do Belo, attualmente residente a Brasilia, è la migliore scoperta degli ultimi tempi, un ragazzo giovane, per quanto dice sulla “riabilitazione” dei gioielli perduti della musica brasiliana dei primi decenni del 20° secolo. Nel suo prossimo disco, che si chiamaerà “A moda chegando eu vou ver como é” Zè do Belo riabilita non solo i gioiell,i ma anche leggendari e dimenticati compositori brasiliani, fra i quali geni della stirpe di  Manezinho, Almirante, Getúlio Marinho, João da Baiana, fra i tanti.
Noi ascoltiamo la reincisione di “Esquecere e Perdoar”, una composizione di Canuto in collaborazione con Noel Rosa, incisa all’inizio degli anni 30. Canuto era un musicista del morro, di umile origine, talentuoso e sensibile, frequentatore del bar Cem Reis di Vila Isabel. Partecipò a diverse incisioni della sua epoca, come cantante, chitarrista e percussionista. Come Noel Rosa, morì presto, ancora negli anni 30.
“Esquecer e Perdoar” (Zé do Belo)

Salutandoci, ci vuoi ancora dire qualcosa a proposito dei progetti che hai in forno?
 Questo è un progetto che ho in mente dal 2008, un autentico progetto di vita: cominciare una biografia sul mito Nelson Gonçalves, anche lui gaucho, senza dubbio il maggiore e più mitologico cantore che il Brasile abbia mai avuto. Per questo, spero nella caduta della cosiddetta “legge delle biografie”, che proibisce, oggi in Brasile, la pubblicazione di biografie non autorizzate. Deprecabile per la cultura del Paese, e appoggiata da personaggi che negli anni 60 e 70 rivendicavano la libertà di espressione, il “proibido proibir”, come Caetano Veloso, Gilberto Gil, Chico Buarque, Roberto Carlos.. La statura di Nelson Gonçalves è sorprendente: 70 milioni di dischi venduti, alla spettacolare media di un milione all’anno. Secondo i calcoli dello stesso cantante, sono più di mille registri fonografici, composti da 183 dischi a 78 giri, 100 compactos (i 7 pollici), 200 audiocassette e 127 lp. Per lui, un grande classico, scritto per Herivelto Martins, il “tangaço” Vermelho 27
“Vermelho 27” (Nelson Gonçalves)

14 dicembre 2013

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