mercoledì 10 aprile 2013

Marisa Monte, musica infinita particular




Immagine di un Brasile che interloquisce con un mondo più vasto della platea statunitense che fa uso di bossanova come della “pequena notavel” Carmen Miranda, Marisa Monte torna in Italia ancora una volta, dopo parecchi anni e una figlia, per un’unica data all’Auditorium Parco della Musica di Roma il prossimo 16 aprile, grazie alla collaborazione dell’Accademia di Santa Cecilia con l’Ambasciata brasiliana.

Allergica alle definizioni e capace di sviluppare un universo che resti “infinito particular” pur nell’utilizzo di un linguaggio pop aperto al dialogo con mondi musicali differenti e spesso sorprendenti, animale da palco come pochi e fermamente alla guida del suo lavoro e della sua produzione porta in concerto il suo ultimo lavoro discografico, l’ottavo, “O que voce quer saber de verdade” mischiando ancora le carte e avvalendosi di una formazione segnata dalla presenza del trio basso-chitarra-batteria dei Naçao Zumbi, gruppo di punta dell’esplosione manguebeat dei primi anni 90 in una Recife, profondo Nordeste, distante anni luce dalla Rio intellettuale e borghese in cui Marisa nasce e si forma.

Dalla parentesi italiana che la vede studiare lirica, alla collaborazione con l’eclettico Arto Lindsay, alla frequentazione assidua dei Novos Baianos e della scuola di samba di Portela, per cui ha prodotto un album “Tudo azul” e un documentario “O misterio do samba”, per registrare tante musiche di tradizione orale mai incise prima, alla rilettura di tutto quanto ha segnato la sua formazione musicale e  il suo gusto, da Tim Maia a Caetano Veloso, alle collaborazioni assidue con una buona fetta delle avanguardie americane, con maestria e intelligenza e senza mostrare mai timori reverenziali, interprete globale che riesce a conciliare il successo in patria con quello internazionale – caso assai raro per il Brasile- con tono lieve e un divertito italiano ha risposto a qualche nostra domanda.

Marisa Monte e Zeca Pagodinho cantano con A Velha Guarda de Portela nel film "O misterio do samba"

Parli italiano, hai studiato a Roma e Venezia, il tuo primo successo è la versione che Nelson Motta, (critico musicale, giornalista, autore di canzoni, personaggio cruciale della musica del Paese dagli anni 60 e ancor oggi attivissimo - che in quegli anni lavorava alla Telemontecarlo di proprietà della Rede globo) ha scritto per te di “E po’ che fa” (Bem que se quis) di Pino Daniele. Qual è il tuo legame con l’Italia?

Sento l’Italia come una seconda casa, vi ho vissuto un anno quando ne avevo 18, ero da sola ed è stato per me un momento molto importante, di maturazione, di grandi esperienze. In Brasile il mio primo successo è stata la canzone di Pino Daniele, i Tribalistas hanno avuto molta fortuna da voi, adesso Mina canta una mia canzone (“Ainda bem” in Piccolino), e io ne canto una sua nei concerti in Brasile (“Sono come tu mi vuoi”). Come sempre è una grande emozione tornarci adesso, dopo tanti anni, per cantare la mia musica, musica brasiliana, portando con me questo sentimento di familiarità che ho con l’Italia e con gli italiani. Il mio italiano è un po’ fuori uso, ma appena torno in pochi giorni ritrovo tutto, è come fare il download di un programma,  una sensazione molto bella.  
L'omaggio di Marisa Monte a Cassia Eller


Fra le influenze che da sempre ti vengono attribuite, c’è quella tropicalista. Europa e Stati Uniti sono stati e sono ancora fortemente affascinati da quella stagione, al punto che spesso non riuscivano a vedere altro  della musica brasiliana. Per te e più in generale per un’artista della tua generazione cos’è il tropicalismo?

E’ stato un momento della musica brasiliana originale, di invenzione, in cui si affermavano i valori brasiliani in musica, ed è stato un momento di rottura con i “padroni” dell’epoca, che marginalizzavano la cultura popolare. I ragazzi del tropicalismo hanno messo insieme i diversi aspetti della musica brasiliana, mettendo da parte i preconcetti hanno creato una cosa originale, che affermava l’identità brasiliana. E’ molto interessante vedere che mentre in Europa il tropicalismo è molto conosciuto, negli Stati Uniti, a causa della diffusione della bossanova, è stato scoperto molto più tardi, da poco.
 
Carlinhos Brown, Marisa Monte e Arnaldo Antunes: Tribalistas
     
           Una lunga collaborazione ti lega con Carlinhos Brown e Arnaldo Antunes, due musicisti molto differenti, ben oltre e prima del capitolo Tribalistas, come funziona questo lavoro comune, e perché proprio loro?
      
      Io credo che la bellezza sia proprio nelle differenze: Arnaldo è di Sao Paulo, Carlinhos di Bahia e io di Rio, e questa diversità riflette quella della cultura brasiliana, che si forma con elementi diversi. E’ molto difficile parlare di cultura brasiliana senza considerare le differenze, la varietà, le misture. Forse il successo della mistura che c’è fra noi è ugualmente il riflesso di una mistura più ampia, che si trova negli elementi culturali del Paese. Quando ero adolescente, Arnaldo era nei  Titas,un gruppo  che mi piaceva moltissimo, così quando ho iniziato a cantare l’ho cercato – perché cantavo musiche del gruppo, e per chiedergli di cantare le sue canzoni (all’epoca aveva già intrapreso la carriera solista), e che ne scrivesse per me. Sarà stato il 91. Carlinhos l’ho conosciuto un po’ dopo, nel 92, suonava con Caetano Veloso, ed era già il compositore impressionante e il musicista geniale che è oggi. E’ stato tutto molto naturale, credo che queste collaborazioni nascano dall’ammirazione reciproca, che ne produce la riuscita, permette uno scambio di informazioni. Dopo dieci anni di collaborazione è nato il progetto Tribalistas, da allora sono passati ancora dieci anni, e noi continuiamo a lavorare insieme, c’è una grande amicizia, e la “fiamma” dell’ispirazione è ancora forte, e viva.

Un altro nome ricorrente nei tuoi lavori è quello di Arto Lindsay, produttore  di 4 dei  tuoi album, e di una certa avanguardia americana, da Zorn a Laurie Anderson, Ribot, Glass passando per Bernie Worrell e Sakamoto, fino a Erik Friedlander e Marty Elrich che partecipano all’ultimo disco. Come entra la musica di sperimentazione nel tuo lavoro?

Tutto è molto sperimentale, perché la musica è una cosa che nasce dai tentativi, una cosa astratta che va      provata per sentire come suona. Arto è venuto in Brasile a tre anni, ed è tornato negli Stati Uniti a 18, è cresciuto qui, ha una propria identità brasiliana, conosce perfettamente tutti i valori della musica brasiliana. E’ stato per me un ponte perfetto fra il Brasile e il resto del mondo in quel momento. Siamo ancora molto amici, lui abita a Rio ormai da parecchi anni, io desidero sempre lavorare con lui, lo sento molto vicino.

Arto Lindsay

“O que voce quer saber de verdade”, l’ultimo disco, vede  il più potente “power trio” della musica brasiliana degli ultimi 15-20 anni, Lucio Maia, Dengue e Pupilo, chitarra, basso e batteria della formazione manguebeat Naçao Zumbi, che sono con te anche in tour. Cosa ha portato nel tuo suono, e cosa porta in concerto?
     
      Loro sono molto speciali, suonano insieme da 20 anni: non sono un basso, una chitarra e una batteria, ma una macchina che lavora insieme con una identità propria. E’ un onore avere musicisti così, con una identità di questo tipo. Li ho invitati a suonare con me nel disco, abbiamo fatto altre piccole cose insieme, ma non sapevo di poterci contare per il tour, perché hanno la loro carriera, i loro impegni. Invece  hanno voluto esserci, ed ora è quasi un anno che siamo in giro, e funziona benissimo. Roma  è una delle pochissime date del tour europeo in cui suoneremo senza scenario, perché non è stato possibile montarlo. Mi piace moltissimo la Sala Santa Cecilia, ha un’acustica perfetta, ma è un peccato che non si possa allestire la scena, in quella sala magica.  Oltre ai Naçao Zumbi c’è un tastierista che suona con me da tanti anni (Carlos Trilha), Dadi (Carvalho)alle chitarre che pure è con me da molto ed è stato in tour coi Tribalistas, e poi c’è un quartetto d’archi: due violini, una viola e un violoncello. E’ un concerto molto versatile, con musicisti di grande esperienza, davvero siamo molto felici di essere insieme.

Naçao Zumbi

La musica alta e la musica bassa, la tradizione e la sperimentazione, l’atteggiamento “antropofagico”  dal manifesto del 1929 di Oswald de Andrade, passando per tropicalismo e per il “vale tudo” di Tim Maia, fino ad arrivare alle critiche che ti sono state mosse negli ultimi mesi di troppa indulgenza per la musica “brega” (musica romantica sciatta e banale), qual è la tua idea?  

Io non lavoro con le etichette, io lavoro con i sentimenti, le emozioni, i messaggi, dunque a me non servono molto queste critiche perché io non ho preconcetti. I preconcetti non aiutano la creazione, piuttosto servono a chi ci lavora, a chi lavora con le definizioni, i preconcetti, i limiti. Io non cerco limiti quando voglio creare, e penso che anche i tropicalisti abbiano subito le stesse critiche. Quello che per me resta più importante è che il mio lavoro comunichi con l’anima di tante persone, cerco questo, trovare una comunicazione con altre anime e con i sentimenti più profondi. E’ possibile farlo con Villa Lobos come con qualsiasi stile, qualsiasi genere, qualsiasi canzone, ed è il più bell’insegnamento che può dare il Brasile: non essere separatisti, ma mescolare e accettare gli altri come una cosa familiare, interessante.


Sei sulle scene da anni e hai diversi dischi all’attivo, c’è un tratto comune nella costruzione dei tuoi lavori, nella scelta dei brani, del repertorio, dei musicisti? Dei luoghi o dei momenti nei quali componi meglio?
      
      Il silenzio è il punto d’inizio per la musica, è il suo comincio. Il silenzio è molto musicale e deve esistere perché sia riempito di suono. A me serve solo un luogo tranquillo, perché sia più facile sentire le musiche che sono intorno a noi.

      Dilma Roussef, la presidente, la sua istituzione del giorno nazionale della MPB il 17 ottobre, data di nascita di Chiquinha Gonzaga. Il Brasile di Dilma, la situazione femminile e quella delle musiciste: cosa è cambiato?

E’ un cambiamento molto sottile, ma credo sia molto importante avere una donna nella carica più alta del Brasile, Dilma ha un consenso impressionante, credo stia facendo un bel lavoro, è una voce di comando potente. Certo sarebbe molto meglio se potessimo avere un maggiore equilibrio fra i generei nei posti di comando in tutte le sfere del potere pubblico. Dilma è la prova che siamo capaci, le donne sono molto attente, pratiche, hanno giudizio, e questo è parte della loro natura.


Le musiciste brasiliane si liberano dal ruolo esclusivo di interpreti e diventano compositrici, arrangiatrici, produttrici, una nuova generazione viene su più “politically uncorrect”, penso a Gaby Amarantos, Andreia Dias o Karina Buhr. Tu che sei nel mezzo fra le giganti degli anni passati e le nuove 20-30enni come le vedi?
      
      Mi sembra una cosa notevole, che  tutte le cantanti della nuova generazione oltre a essere ottime interpreti siano anche compositrici e tutto il resto. E’ una maniera di portare il sentimento, la sensibilità femminile nella musica. Soprattutto trovo molto importante che le donne compongano, perché fino a pochi decenni fa le canzoni interpretate da donne erano sempre  scritte da uomini. Forse è un effetto della maggiore partecipazione delle donne alla vita della società, ed è molto importante che succeda finalmente anche in musica.


sabato 30 marzo 2013

Can I be Satwa?

Dentro e fuori il Brasile, il pernambucano Lailson de Holanda Cavalcanti è conosciuto per la sua opera di illustratore. Nel mondo, il suo prestigio deriva tanto dal suo disegno quanto dalla sua musica.
E' di sua autoria la serie classica Pindorama, in cui racconta la storia del Brasile, dall'arrivo dei portoghesi fino all'era Fernando Henrique & Lula.
A 17 anni, abitando negli Stati Uniti, Lailson comincia a pubblicare i suoi lavori nel giornale The Pine Cone (Arkansas), per i quali riceve l'Award for Best Original Artwork, conferito dalla Arkansas High School Press Association.
Lailson de Holanda

La musica arriva verso la fine degli anni 60, quando, di ritorno in Brasile, comincia a dividere la sua arte con il rock e il folk. Forma la band Phetus - uno dei gruppi seminali del rock pernambucano degli anni 70 - con il chitarrista Paulo Rafael e Zé da Flauta (flauto). Nel 1973, incide con Lula Cortes l'album strumentale Satwa, considerato il primo disco indipendente edito in Brasile - oggi ristampato dalla Time-Lag Records (e nel 2012 dalla Mr. Bongo).
Registrato negli studi della leggendaria Rozemblit, Satwa è la prima uscita dell'etichetta Abrakadabra, realizzata dal poliedrico artista Lula Cortes e dalla designer, oggi cineasta, Katia Mesel.
Lailson lascia il segno della sua chitarra nordestina a 12 corde anche a fianco del gruppo che suona in Paebirù.

Inciso nel 1973, Satwa mostra la coppia Lailson/Cortes presa in una lisergia post flower-power, capace di  impressionare gli incauti ascoltatori in pieno 2008. Brani come "Alegro Piradissimo", "Valsa dos Cogumelos", o "Blue do Cachorro Muito Louco" non lasciano dubbi sul contenuto del vinile - "crudo", ma con un suono eccellente.
Anche Robertinho de Recife appare nel disco, suonando la chitarra solista nella viaggiante lentezza di "Blue do Cachorro Muito Louco" ("Blues del cane molto matto" - NdT).

Il suono dominante nel disco è, comunque, un folk nordestino/orientale, risultato della mistura della cetra  popolare, portata dal Marocco, suonata da Lula, il tricordio*, e la viola nordestina (o caipira) a 12 corde di Lailson.
Prodotto della scena nordestina post-tropicalista, come recitano le note di copertina, Satwa viene realizzato negli studi della Rozemblit, a Recife, fra il 20 e il 31 gennaio 1973. A tiratura limitata e distribuzione essenzialmente regionale, il disco scompare appena viene distribuito, restando una leggenda per il resto del Brasile. L'americana Time-Lag lo ha ristampato con il nome di Satwa World edition.

Com'è stato realizzare Satwa nel 1973, a Recife? Immagino le difficoltà incontrate...

E' stato una sfida, un divertimento e un grande viaggio. Nell'agosto del 1971 ritornavo dopo un anno come borsista negli Stati Uniti, dove ho abitato per un tempo abbastanza lungo in Arkansas e poi a New York.
Prima di partire avevo già una garage-band con Paulo Rafael (che oggi suona con Alceu Valença e che ha suonato con me e Zé da Flauta nei Phetus), e, al mio ritorno a Recife ho trovato una città abbastanza agitata.
Nel novembre del 1972, il Dipartimento di Medicina decise di organizzare il nostro "Woodstock" locale, la Feira Experimental de Musica de Nova Jerusalem, due giorni di "rock dal tramonto all'alba", e mi chiamarono per coordinare la parte musicale dell'evento, dato che transitavo già per le più disparate formazioni della città. Lì ho conosciuto Lula Cortes e abbiamo iniziato ad essere molto amici, poichè avevamo molte cose in comune (disegno, pittura, poesia, musica, psichedelia).
Finito il festival, abbiamo cominciato a incontrarci regolarmente a casa sua e a creare una musica diversa, io con la viola a 12 corde e Lula con il tricordio che aveva portato dal Marocco.
Le mie influenze erano rock e blues. Lula, per  la scala propria del suo strumento orientale, creava melodie che sembravano raga indiani. Avevamo tutti e due un "accento" nordestino che traspare dalle musiche che componevamo in quel periodo.
Cominciammo a registrare in casa quello che stavamo facendo, le persone arrivavano in casa per vedere cosa succedeva, e da lì a decidere di incidere un LP fu un passo.
Io stavo mettendo insieme un po' di soldi per viaggiare, ma decisi di investire in quel progetto.
Quindi, Satwa è il risultato di tutto questo, di di tutto quel momento, e di quella epoca.

Satwa è considerata la prima produzione indipendente del rock brasiliano. Oggi, questo ti spaventa?

Come ti ho detto: registrare un disco era una cosa tanto naturale che non pensavamo neanche che questo non fosse il tragitto normale. La Rozemblit, malgrado fosse antica, era accessibile (è stata la prima etichetta brasiliana a pubblicare, in una compilation, un pezzo di Ray Charles) e senza nessuna attenzione, nessuno se ne curava.
Lì avevamo tutto quello che ci serviva: studio, stampa e grafica.
Abbiamo affittato lo studio dal 20 al 31 gennaio del 73 e abbiamo registrato di notte, di sera, a qualsiasi ora, facendo l'alba.
Facemmo molte ore di registrazione, facendo variazioni sui temi che stavamo componendo, dei quali selezionammo le versioni che ci sembravano migliori.
Lo studio aveva limitazioni tecniche che è state molto divertente aggirare, come per esempio il fatto che se io facevo un overdub dovevo suonare incollato alla cabina del suono, altrimenti si produceva un delay.
Anche la copertina è stata un processo collettivo: il design è di Katia Mesel, la fotografia della copertina è un esperimento di Lula (Cortes, ndt) le altre fotografie sono di Paulo Klein e ci sono due disegni miei nella controcopertina.
Sicuramente sapevamo che stavamo facendo qualcosa di nuovo, ma non immaginavamo di essere pionieri nella produzione di rock indipendente. Questo l'ho saputo quasi 20 anni dopo, attraverso i ricercatori.

Rispetto al suono: cosa pensavate, tu e Lula Cortes, mentre lo facevate. Cosa ascoltavate per creare Satwa?

Satwa è una parola in sanscrito che si può tradurre come fosse il tramite, l'equilibrio, l'armonia fra il corpo materiale e il corpo spirituale. E' questo il concetto fondamentale del disco: un equilibrio fra due cose differenti che si armonizzano.
Il cervello umano ha due emisferi, così come il pianeta Terra, e ambedue si equilibrano, anche attraverso i conflitti. La musica dell'emisfero occidentale, sia blues o repente de viola (musica trad. nordestina di improvvisazione su viola caipira, una sorta di chitarra un po' più piccola a 10 corde - ndt) porta in sè elementi di cultura orientale.
Recife è, allo stesso tempo, un piccolo posto sulle rive dell'Atlantico e una città cosmopolita in contatto col resto del mondo. La musica prodotta qui è musica prodotta sul pianeta Terra. Satwa, musicalmente, trasmette tutti questi incontri.
Il disco presenta questa dualità armonica in tutti i suoi aspetti, come si può vedere dai colori della copertina: ciano e magenta, due colori primari. Non c'è nero, non c'è giallo.
Ma, sul bianco, i due colori primari si armonizzano e creano l'identità visuale specifica del disco. I brani hanno e non hanno testi.
I titoli dicono tutto ciò che è necessario sapere: "Amigo", "Atom", "Apacidonata", "Valsa dos Cogumelos", "Blues do Cachorro Muito Louco", "Can I Be Satwa?", "Alegria do Povo", "Alegro Piradissimo", "Lia a Rainha da Noite" - sono titoli e sono versi, sono testi.
Ma se i brani avessero avuto testi nell'accezione comune, avrebbero dovuto essere sottoposti alla "censura preventiva"  della Polizia Federale dell'epoca, cosa che non avrebbe avuto senso per ciò che stavamo creando.
Quindi, quanto era necessario fosse scritto per spiegare cosa è Satwa, è scritto nella controcopertina.
Oltre al testo (che racconta la saga del disco musicale volante che restò prigioniero nel limbo e fu liberato da Capitan Nemo della Pattuglia del Salto del Tempo) che ho scritto per la Time-Lag Records, che ha ristampato il disco nel 2004, ho aggiunto la traduzione dei titoli perchè i lettori di lingua inglese potessero comprendere anche questa parte dell'opera.
Per quanto riguarda la musica che ascoltavamo, variava molto. Io ero un fan di Cream, Traffic, Jimi Hendrix, Jethro Tull, Pink Floyd, Emerson, Lake and Palmer, King Crimson e Mothers of Invention. E Beatles e Rolling Stones, certo. Ma, per creare Satwa, quello che ascoltammo fu la "musica delle sfere".
Lailson e Lula Cortes

Come si combina la tua arte con tutto questo?

Nel disco appare solo nei due disegni della controcopertina e nell'etichetta. A quei tempi (io ero praticamente un ragazzino), i miei disegni circolavano solo fra gli amici e nei manifesti che facevo per il mio gruppo Phetus (nato dopo Satwa) e per i gruppi degli amici, come gli Ave Sangria e i Batalha Cerrada.
Era arte psichedelica, con elementi di fantasia e di fantasy. A partire dal 1975 cominciai a pubblicare sulla stampa e il mio disegno di satira politica divenne più conosciuto. Oggi, con i fumetti e l'illustrazione, molto del mio stile di quei tempi sta tornando.


Intervista realizzata da Cristiano Bastos, 2008



Chico, Barbara e Giovanni


"Chico Buarque e l'arte della canzone, tre giorni di eventi sul più grande autore della canzone brasiliana"l'iniziativa, che si svolge alla Scuola Popolare di Musica di testaccio di Roma nei giorni fra il 5 e il 7 aprile, è anche l'occasione di ascoltare qualcuno dei promotori degli incontri, Giovanni Guaccero e Barbara Casini.

Chico Buarque - Paratodos
Barbara Casini - Pelas Tabelas
Chico Buarque - Morro Dois Irmaos
Barbara Casini - O Meu Amor
Chico Buarque - Construçao
Barbara Casini - Agora Tà

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Il volume di Barbara Casini, Angelica  edizioni





sabato 16 marzo 2013

15 marzo 2013


Silverio Pessoa e La Talvera - Casa de Aranha (Escoticha de l'Aranha)
Orquestra Contemporanea de Olinda - De Leve
Tcheka - Pexra Porto
Os Cachorros ds Cachorras - Discoteque no Forrò
Cabruera - Druidas do Agreste
DJ Tudo e Junio Barreto - Se Ver Que Vai
Orquestra Popular da Bomba do Hemeterio - Meu Esquema
Juvenil Silva - Se Ela Nunca

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Associazione culturale La Talvera

domenica 10 marzo 2013

8 marzo 2013


Zé Cafofinho e Suas Correntes - Xirlei
Trio Madjesi - Sex Madjesi
Cassia Eller - Vai Morar Com o Diabo
Tratak - Querida
Zelia Duncan c/Ney Matogrosso - Isso nao Vai Ficar Assim
Iconili - Bufala
Andreia Dias c/Zé Cafofinho - Luva Pele
Super Mama Djombo - Alma

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sabato 2 marzo 2013

Speciale Marcia Castro



Marcia Castro - foto Tiago Lima




Intervista a Marcia Castro che ci parla della sua musica e di quello che si muove a Bahia

Marcia Castro - Frevo Pecadinho
Marcia Castro - Rainha do Egypto
Marcia Castro - Preta Pretinha
Marcia Castro - 29 Beijos
Marcia Castro - Meu Doce Amor
Marcia Castro - Mae Eu Juro
Marcia Castro - Lobradouro
Amabis - Pena Mais que Perfeita

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domenica 24 febbraio 2013

Capo Verde, un luogo a parte


Marco Boccitto ci racconta storie e musiche delle dieci isole dell'arcipelago capoverdiano

Alma de Morna - Mar Azul / Cize
Nho Baita - Nho Galvao
Bulimundo - Dimingo Denxo
Leonel Almeida e Paulino Vieira - Es Mata Cabral
Meme Landin - Miso
Mayra Andrade - Lapidu Na Bo
Mario Lucio - Pretty Down

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domenica 17 febbraio 2013

15 febbraio 2013


Thiakov - Pra Là do Radar
Dudu Nicacio - Pra Cidade Cantar
Caé Rolfsen - Terra em Transito
Antonio Loureiro - Cabe na Minha Ciranda
Ferro Gaita - Bejo Bafatada
Afroelectro - Sambada
Sam Mangwana - Marrabenta
Baiana System - Terapia

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sabato 9 febbraio 2013

Carnevale in Pernambuco

Fernanda Igarassù, ballerina di coco e animatrice culturale, ci parla di afoxé, baque solto, baque virado, coco, frevo, ciranda nel nostro speciale sul Carnaval do Pernambuco

Siba e Barachinha - A boca dizendo verso
Maracatu Estrela Brilhante do Recife - Afoxé Oyà
Bongar - Azetado
Afoxé Oyà Afoxé - Quilombo Axè (Dia de Negro)
Silverio Pessoa - Coco de M
Orquestra Popular da Bomba do Hemeterio - Recife Iluminado
Comadre Fulozinha - 2 de Janeiro
Erasto Vasconcelos - O Baile Betinha

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sabato 2 febbraio 2013

Speciale Monica Demuru


Vigilia del giorno di Iemanjà, Lusofonie ospita una sirena dei nostri palchi, e cerca di tracciare uno "schizzo" della strada di quella che può definirsi performerartist. Vocalist, attrice, vibrante.

Elza Soares - Samba da Minha Terra
Blastula - Atràs da Porta
Blastula.Scarnoduo - Naneddu Meu
Blastula - Loosin Yelav
Blastula - Children of the Night
Blastula.Scarnoduo - Dinghiriana

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sabato 26 gennaio 2013

25 gennaio 2013


Jabu Morales - Musa Despretensiosa
Anelis Assumpçao - Not Falling
Abayomy Afrobeat Orchestra - Eru
Dona Zica - Fio da Comunicaçao
Romulo Froes c/Nina Becker - O que Todo Mundo Quer / Ninguem Liga
Silverio Pessoa - Papel Crepom
Cabugà - Safadeza
Guizado - Afroka
Elis Regina c/Tom Jobim - O que Tinha de Ser

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sabato 19 gennaio 2013

18 gennaio 2013


BNegao & Seletores de Frequencia - Essa é Pra Tocar no Baile
Caçapa - Samba de Rojao #1
Gilberto Gil - Essa é Pra Tocar no Radio
Antonio Paulino - Gienda Ya Mama
Ballake Sissoko - Asa Branca
Maciel Salu - Casa Amarela
Afroelectro - Sika Blawa
Amigos Bandidos Residentes no Amor - Marcha da Abertura
Joao Donato - Cala Boca Menino
Nina Becker e Marcelo Callado - Armei a Rede

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domenica 13 gennaio 2013

11 gennaio 2013

Alessandra Leao - Atirei
Sergio Ricardo - Calabouço
Dona Inah - Là se vao meus aneis
O Terno - 66
Paulo Vanzolini - Samba do suicidio
Arthur Nogueira - Sei là
Maria Bethania - Volta por cima
Negro Leo - Pax
Caetano Veloso - Lealdade
Itamar Assumpçao - O bonde Sao Januario

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domenica 6 gennaio 2013

4 gennaio 2013

Banda Eddie - Lealdade
Andreia Dias + Baiana System - Pelos Tropicos
Tulipa Ruiz - Porto Alegre (Nos Braços de Calypso)
Kiko Dinucci, Thiago França, Serginho Machado - Sambaùba
Nuno Canavarro - 9
Orquestra Imperial + Wilson Das Neves - A Saudade è Que Me Consola
Luiza Brina - Aurora
Thiago França e Kiko Dinuci - Ngoloxi #2

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e a seguire, le altre versioni...
Caetano Veloso - Lealdade

Adriana Calcanhotto - Porto Alegre (Nos Braços de Calypso)


mercoledì 2 gennaio 2013

Toplist lusofonie 2012

I dischi dell'anno 2012, in ordine sparso, con menzioni speciali*

Felipe Cordeiro - Kitsch Pop Cult
Céu - Caravana Sereia Bloom
Lucas Santtana - O Deus que Devasta mas Também Cura
Curumin - Arrocha
Tom Zé - Tropicàlia Lixo Lògico *
Sambanzo - Etiopia
Trupe Cha de Boldo - Nava Manha
Siba - Avante *
Tulipa Ruiz - Tudo Tanto
Metà Metà - MetaL MetaL *
Marcia Castro - De Pés no Chao
Rodrigo Campos - Bahia Fantastica

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